I Trans Upper Egypt sono un altro dei segreti custoditi dalla Capitale. Sulla scorta di un 7″ e uno split tape per noi sono già diventati una vera fissa, ma probabilmente pochi li conoscono, al momento. E’ per questo che li abbiamo intervistati, per cercare – con risultati non sempre encomiabili – di sondare questa band misteriosa, psicotronica, acida e inafferrabile.
Risponde Manu per tutta la band.
Banale, ma essenziale: raccontami come e quando è nata la band; avete avuto sempre la stessa formazione o ci sono stati cambiamenti?
La band è nata dopo lo split dei Last Wanks, band ormai mitica della scena di Roma Est per i suoi live distruttivi e spettacolari. Suonavo la chitarra e ogni tanto il basso; mi è rimasto il basso in mano con la voglia di proseguire i due-tre pezzi lineari e ipnotici composti con loro e la scelta degli altri musicisti per questo progetto si è creata all’interno delle tante band che gravitano intorno a noi… Samir suona e canta con i Capputtini i' lignu e s’è messo alla batteria dei Trans Upper Egypt; Leo è il cantante di due altre band (Vondelpark e Wow!) e, oltre al microfono, ha preso possesso di una tastierina che per fortuna non sapeva suonare ! Il quarto, tab_ularasa, è entrato qualche mese dopo, era un amico di Siena che suonava con thee Dements e r'n'r terrorists e adesso con Trio Banana, duodenum; appena si è trasferito a Roma, l’abbiamo deviato dai suoi mille impegni per suonare con noi i suoi vecchi macchinari analogici che fanno tanto bel rumore!
Il nome della band è bizzarro. Da dove deriva e cosa sta a significare?
Non significa tanto… c’è qualcosa dell’Africa ogni tanto, o del medio oriente.. i ritmi sono ipnotici e lo sviluppo dei pezzi abbastanza free. Se ricordo bene, mentre cercavo il nome della band, avevo un disco di Pharoah Sanders sotto gli occhi !
Non significa tanto… c’è qualcosa dell’Africa ogni tanto, o del medio oriente.. i ritmi sono ipnotici e lo sviluppo dei pezzi abbastanza free. Se ricordo bene, mentre cercavo il nome della band, avevo un disco di Pharoah Sanders sotto gli occhi !
Il vostro sound è peculiare davvero; risulta personale, anche perché – a mio parere – recupera certe influenze non esattamente usuali, per poi miscelarle in modo speciale. Quali sono le vostre ispirazioni, palesi oppure occulte, in fase di scrittura?
Alcune cose sono casuali, altre no. La scelta riguarda una linea di basso molto minimale e ripetitiva e una batteria molto complessa, mentre la casualità della tastiera distorta con il delay a saturazione e gli effetti analogici (moog, oscillometro, theremin) si elaborano quasi sempre durante il live. Spesso i brani partono dal basso e si elabora, si compone insieme. Le sonorità sono la priorità dei brani. Se un pezzo ci ricorda troppe cose, abbandoniamo. All’ascolto delle prime registrazione su cassetta, ovviamente, ci venivano in mente i Silver Apples o i Can…
Di cosa parlano esattamente i vostri testi e chi li scrive?
Forse è la cosa la più misteriosa della band… lo sa solo il cantante e ne è molto geloso!
Vi sentite parte di qualche scena (o più scene), oppure vi muovete come cani sciolti?
Una scena, c’è! Viviamo quasi tutti a Roma Est tra il Fanfulla 101 e Il Verme, che sono i due luoghi a Roma che diffondono la musica che facciamo, dove andiamo e mettiamo i dischi; e dove ci divertiamo pure!
L’anno scorso c’è stato un ampio articolo che descrive tutta questa fauna che gira da queste parti sotto il nome di Borgata Boredom; è anche uscita una compilation omonima della No=fi Recording che testimonia il panorama musicale di questa scena. A dire la verità, nessuno fa parte di Borgata Boredom: non c’è tanto sentimento di appartenenza, direi piuttosto che descrive un’ eccitazione, un movimento, i movimenti di persone che suonano insieme, fanno (e disfano) gruppi, esperienze… un’energia musicale che sta fluendo in questo momento.
Ci sono anche alcune etichette in zona, oltre la No=fi, anche la Jeetkune records, o ancora Bubca Records e ovviamente Radiation records, che producono alcune di queste band.
Programmi per il presente e il futuro: concerti, uscite discografiche…
Siamo appena tornati da un tour in Italia/Svizzera/Francia insieme ai Delacave, un gruppo di Strasburgo. Inutile dire che ci siamo divertiti tanto! Stiamo lavorando all’uscita di un lp per una label americana, la Monofonus Press, con base ad Austin, Texas. Ci hanno contattato dopo l’ascolto di un nostro brano su una radio californiana. Il dj aveva la compilation di Borgata Boredom tra le mani e ha messo un paio di pezzi. Da due mesi ormai ci scambiamo materiale e il disco dovrebbe uscire all’inizio dell’anno. Consiglio una visita sul loro sito; è una label giovane ma hanno prodotto già tante cose, ep/lp, fanzine… con grande cura dell’artwork!
Parlami della label che vi ha pubblicato il 7″, la misteriosa Wort: ho cercato online, ma non ho trovato uno straccio di informazione in proposito!
La Wort è misteriosa, si… è uno strano tizio russo che risponde al nome di Alexei Popov; un tipo abbastanza impulsivo! Quando impazzisce per una band, la vuole produrre a tutti costi: ed è meglio non dirgli di no.
Nonostante io abbia sentito solo il 7″ e qualche pezzo su YouTube, ho la netta impressione che dal vivo la componente di improvvisazione e di jam psicolesa sia piuttosto fondamentale per voi.
Mi sbaglio?
Sì, ed è anche la cosa più pericolosa! Però fondamentale. D’altronde si tratta di live, sì o no!?
Trovate modo e occasioni per suonare spesso live? E quali tipi di situazioni preferite (club, centri sociali, feste, bar di provincia, festival…)?
Non siamo molto da club, ma perché no. Dipende da chi ci invita. La situazione che preferiamo rimane quella abbastanza diretta; nel senso che meno siamo ripresi (parlo degli ampli) meglio è per noi. Almeno siamo sicuri che il suono è quello degli ampli e non dell’impianto enorme della sala con il fonico, che non vediamo perché troppo lontano… quindi senza parlare di intimità, i luoghi piccoli, bar, salette, sono proprio i più adatti ai nostri live. E i festival sono sempre quasi tutti belli.
intervista by Black Milk Magazine, 6 dicembre 2011
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